- Non mi sento più libero
- Non so più cos’è la libertà
- Mi sento costretta, limitata.
- Sono aggrovigliata in una matassa che al solo muovermi mi stritola sempre più.
- Non sono una banderuola, ho dato una parola e la rispetterò.
- Non sono io quello che mancherà all’impegno.
La libertà all’interno del rapporto di coppia ha molte facce.
All’inizio della relazione si ha un ampliamento del sentimento di libertà dovuto al fatto che la presenza dell’altro permette più cose: esperienze, pensieri, emozioni. L’altro aiuta lo spazio interno a dilatarsi per vivere più intensamente. Si ha un guadagno nella sensazione di essere liberi anche per effetto della possibilità di potersi esprimere come ci piace.
“Ah! Finalmente mi sento libero di esprimermi”; “Nessuno mi ha mai capito-capita così bene”.
Quando la relazione entra in crisi comincia a prevalere la sensazione di avere perso la propria libertà. Il dialogo non è più così fluido e si sente che la propria libertà è perduta per colpa della situazione, impegni comuni lavorativi, famiglia, o per colpa del partner che ci risulta “cambiato”.
Ci sono anche caratteri che avvertono il peso dell’impegno preso in nome di un patto, di un giuramento d’amore o di una promessa e che in virtù di questo rinunciano spontaneamente, ma in modo intimamente coatto, alla propria libertà.
Cosa è libertà?
Scrivi cos’è per te in QUESTO MOMENTO libertà?
NON scivolare in concetti astratti per favore ma descrivi cosa senti in merito a questo tema.
Dunque, riprendendo:
È una sensazione?
Un’emozione?
Un diritto giuridicamente stabilito?
Una condizione naturale dell’uomo?
È un insopprimibile istinto?
Una conquista spirituale?
Esiste vera libertà oppure è solo una chimera?
Vuoi dirmi quale di queste ipotesi ti suona più veritiera?
Certamente la libertà è tutte queste cose, valide ognuna al suo livello e nel suo ambito.
Nella relazione amorosa si presenta spesso il nesso fra
LIBERTA’
IMPEGNO
TRADIMENTO
LASCIAMENTO
ABBANDONO
in diverse combinazioni e sequenze.
Mi è capitato di osservare spesso che ripristinare l’esercizio della propria libertà è la ragione primaria, spesso non riconosciuta, delle diverse forme di tradimento.
Il desiderio di libertà viene prima ancora della ricerca del piacere o della fuga da una relazione non felice.
Il desiderio di libertà giunge per rompere le regole interne al rapporto che da steccato di protezione di un magnifico giardino e che donano sicurezza si sono trasformate in sbarre di una gabbia dalla quale l’unica via di fuga è l’evasione.
In che modo il tuo sentimento di libertà è cambiato all’interno del rapporto?
Ti racconto una storia.
Si intitola
La centesima porta
C’era una volta un Re che solitamente stava seduto sul suo trono.
Si alzava al mattino. I servi lo vestivano di tutto punto mettendogli addosso gli abiti più adatti agli impegni della giornata. Colore rosso per la visita agli eserciti, colore verde per gli omaggi al sacerdote, bianco per la parata cittadina.
Tutto era regolato, organizzato, già previsto.
Le cuoche, dirette dalla vecchia balia, come api operose, macellavano daini, capretti, lepri, galli, cinghiali. Spellavano, recuperavano il sangue per essicarlo e farne impiastri curativi. Le sguattere, al mattino presto andavano a cogliere le erbe spontanee di stagione, bagnate della rugiada notturna.
La balia se non avesse trovato le gocce di rugiada avrebbe messo le ragazzine in punizione in uno stanzino buio e umido. Tuonava: “Lo sapete che senza rugiada fresca il RE non può fare l’amore e se non fa l’amore gli si invelena il sangue e se gli si invelena il sangue, gli viene il cattivo umore e IO finisco rinchiusa nella torre per colpa vostra!! Stolte e ignoranti ragazze. Rugiada! Ci vuole rugiadaaa!!! E ora viaaaa nello sgabuzzinooooo finchè non lo dico IOO”.
Il Re poco sapeva di quanto gli girava intorno. Stuoli di sarti, falegnami, artigiani e faccendieri di ogni tipo, ladruncoli, femmine di buono e malaffare.
Il Re si alzava e passava la giornata a fare il re. Firmava i decreti preparati dai suoi ministri e teneva udienze per i questuanti.
Tutto filava regolare e liscio come un cielo senza nuvole.
Come ogni corte che si rispetti, il Giullare, detto Matto, tutto vedeva e tutto sapeva.
Conosceva i traffici segreti della Gatta, una donna dagli occhi verdi, che barattava se stessa e ori rubati con gli ufficiali dell’esercito.
Aveva monitorato le attività del Sorcio, che trafficava con i resti delle cucine rivendendoli a caro prezzo ai suoi concittadini. Amava il buon cuore di Gigia, la sguattera generosa che nutriva gli animali del bosco. Matto amava il suo Re. Lo vedeva deperire ingrassando. Gli occhi di un colore azzurro mare sepolti da palpebre ingrassate e ciglia cispose per il troppo cibo e il troppo vino.
Matto sapeva che il RE pur avendo tutto non aveva nulla.
Ogni cosa ruotava intorno a lui per interesse, senza amore, senza vera gioia. Matto era persona che sapeva rendersi invisibile. Nudo, la sua pelle si faceva colore del prato o del muro. Quando incontrava persone diventava trasparente. Aveva capito questo suo talento da ragazzino quando doveva scappare dalla cinghia del padre beone e malmostoso. Matto viveva nei corridoi segreti dei sotterranei del castello. Li batteva palmo a palmo a occhi chiusi tanto era il buio profondo che lì regnava. Sapeva che ad un certo misterioso punto di quel dedalo in un non luogo, una grande stanza circolare appariva ogni tanto. Forse certe lunazioni o le sue mute preghiere agli spiriti della conoscenza. Da tempo attendeva che la grande stanza circolare si manifestasse con le sue cento porte segrete. Alcune chiuse con chiavistelli complicati, altre appena accostate. Alcune aperte del tutto, lasciavano entrare nella stanza rotonda colori, suoni e l’aria di quel fuori che nessuno poteva prevedere. Matto le chiamava Porte su Mondi. A volte aveva intrapreso il cammino verso uno di quei lunghi corridoi ed era sbucato di là, nell’altro mondo. Ogni porta un mondo diverso. Aveva conosciuto esseri di altri spazi, con altre leggi gravitazionali, altri corpi, nuove menti. Matto sapeva come tornare. Usava il suo raro talento per farsi invisibile e il suo senso Spaziotemporale per ritornare alla base, nella stanza rotonda sotto al Castello. Matto voleva portare il Re nella Stanza da Viaggio, voleva farlo vivere, entusiasmare, incuriosire.
Un giorno la Stanza da Viaggio comparve nuovamente e Matto, preso in disparte il Re gli disse: “Vieni, ho qualcosa da mostrarti.”. Il Re con passo annoiato lo seguì mano a mano sorprendendosi di quanti passaggi del suo castello gli erano sconosciuti. Giunto alla Stanza da Viaggio spalancò la bocca per la sorpresa. Un vento ora caldo, ora freddo ora che odorava di neve ora di deserto riempiva la stanza. Luci cangianti come arcobaleni gli facevano baluginare gli occhi. Intravedeva donne meravigliose danzare in radure mai viste prima, palazzi di vetro alti come montagne emergere sullo sfondo di alcune porte, le stelle e il firmamento illuminare di luminoso buio lo spazio circolare. Crollò su una sedia che Matto aveva portato.
“Ecco Re, ora puoi andare a conoscere i mondi e uscire dalla noia di corte. Puoi viaggiare, scoprire, conoscere.”
“E come faccio a tornare indietro? Vedo pericoli laggiù, animali sconosciuti. Mi fanno già paura da qui e non sono ancora lì”.
“Tornare indietro? Mio Re sono sicuro che la vita oltre anche una sola di quelle porte sarà migliore di quella che stai facendo ora. Non so come tu potrai tornare, sicuramente troverai il modo. Non posso essere io a suggerirtelo.”
“Matto mio, sono impietrito. Cento porte, cento angoli dietro i quali potrei avere delle sorprese sgradite. Quale porta mi garantirà che non sarò sbranato dai leoni? Uscendo da quale porta la mia vita sarà felice? Matto aiutami tu a decidere!”
Matto si guardava intorno e già vedeva che le porte cominciavano a svanire. Alcune inghiottite da un buio fitto che avanzava come un denso fumo.
“Mio Re, deciditi! Ora sei qui e chissà quando potrai nuovamente avere questa Visione di Spazio!”
“Matto” andiamo insieme!!”
“No mio Re, io viaggio a modo mio. Ognuno ha il suo modo.”
Il Re vedeva che le gambe del Matto stavano svanendo nella fitta coltre di fumo. I suoi lineamenti si facevano indistinti.
“Addio Re. Ho scelto la mia Porta. Addio!”
Un grande tonfo.
Un grande silenzio.
Il Re si ritrovò scarmigliato e incredulo sulle scale di accesso alle segrete.
Non aveva valicato nessuna delle Porte.
Stuoli di servitori lo stavano riverendo portandolo nelle sue stanze, preparandogli il bagno, rifocillandolo con abbacchio di faraona e patate. Buon vino caldo era sulla tavola.
Mai il Re fu più infelice.
Mai si sentì più chiuso di così dentro una gabbia.
Pochi giorni dopo morì, accasciato sul suo trono.
Chi lo trovò vide nelle sue pupille una stanza circolare con molte porte tutte fermamente chiuse.
Tu chi sei fra i personaggi della Novella?
Il Re?
Matto?
Il castello con le sue stanze e i suoi corridoi segreti?
Uno dei personaggi laterali?
Una delle Porte?
La Stanza da Viaggio?
Scrivi un racconto narrato dal punto di vista di uno di questi personaggi
*
Ecco. La sindrome da centesima porta riguarda la posizione di chi potendo tanto, non può nulla.
Non scegliere per paura dello sbaglio. Non scegliere in virtù di una “tattica” emozionale difensiva pensando che procuri meno sofferenza di un rischio aperto, accettando la condanna ad una sofferenza già conosciuta perciò più gestibile.
La libertà, la possibilità, la scelta, fanno paura più delle scomode abitudini acquisite.
Bisogna distinguere fra:
LIBERTA’ “DI”
LIBERTA’ “DA”
LIBERTA’ “PER”
La prima riguarda il movimento, poter andare, fare, intraprendere.
La seconda riguarda i lacci interni. Questa libertà riguarda coloro che non sono liberi per effetto della paura che le azioni generino conseguenze più difficili da gestire di quelle che oggi, infelicemente, gestiscono.
La terza è quel tipo di libertà necessaria ad uno scopo preciso.
In ogni modo la libertà è sempre oggetto di una conquista che si modifica nel tempo. Non è un dato di fatto né una pretesa. La libertà non può essere data: “Mi lascia libera di uscire” non significa essere libere. Significa essere autonome nello spazio concesso.
Nella tua relazione quale libertà cerchi? “Di” oppure “da” o “per”?
E’ libero chi ripete sempre la stessa catena di comportamenti?
E’ libero chi cerca nuove avventure?
E’ libero chi ha capacità di scegliere indipendentemente dal preconizzare gli esiti delle sue azioni?
Formula tu la tua domanda.
Esaminare bene il tema della libertà all’interno della relazione d’amore permette di conoscere meglio uno dei limiti fondamentali che la relazione pone a se stessa perché è importante accettare che non è il partner ad agire questo limite ma la qualità della relazione che è scelta da entrambi.
Con amore
Oliva