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I
Ebbasta con questa storia che non ci si deve arrabbiare,
che la rabbia fa male
che è controproducente
che non è civile
che fa male al fegato
alla vista
e bla bla bla …!!!!

 

La rabbia è bella, anzi bellissima.
È potenza.
La potenza della ribellione.
È il permesso che ti dai di tentare di sovvertire l’ordine di qualcosa che ti sta stretto, che non vuoi più accettare.
La rabbia è rossa come il fuoco, come la passione, come il colore del sangue dal quale nasci, come le rose, i tulipani, il sole al tramonto e la luna piena appena sorge.
Il rosso è un colore meraviglioso, caldo, seducente, fiammante.

“Tutti noi indistintamente amiamo la rabbia perché è l’unica delle emozioni capace di annullare gli squilibri di potere che ci rendono deboli.”[1]
La rabbia è l’arma segreta di Davide che sconfigge Golia.
È la manifestazione del potere occulto di Gesù quando opera miracoli spostando l’ordine della materia dell’universo con un comando infuocato: l“Alzati e cammina!”. Questa è la radice della Pura Rabbia posta sotto il controllo della Pura Forza: 
Non penserete mica che Gesù abbia fatto alzare Lazzaro dalla tomba con il tono mite e gentile dei buoni di turno?
Non credo proprio. Quando leggo quel passo del Vangelo vedo volare per aria i sassi spaventati e tremanti, per tanta manifestazione di potente potere. Li vedo schizzare da dove sono in cerca del protettivo ventre della loro Mamma Terra dove trovare rifugio, mentre Lazzaro vibrante, si alza dal sepolcro.

La rabbia è l’incentivo dei grandi cambiamenti sociali.
Pensa a un corteo di protesta.
La rabbia è un’emozione vitale che sconfigge la passività, la resa, la codardia.
Tutto ciò che ti fa stare in una relazione o in una situazione limitante, umiliante, priva di dignità, di riconoscimento del tuo valore.

La rabbia interviene nella tua vita quando hai deciso di averne abbastanza di “non sentire niente”, di anestetizzarti.
La rabbia è la tua sveglia cosmica, quello che ti fa tornare in vita dopo un lungo “sonno”.

La rabbia è il ponte che le tue emozioni costruiscono per risvegliare il piacere dormiente mettendo a tacere quella parte di te che ti ha costretta a “fare finta di niente”.

Lo sai vero che piacere e rabbia sono fratelli gemelli?
Che se per motivi tuoi hai deciso che non ti vuoi arrabbiare, che arrabbiarti è pericoloso, che “la rabbia non paga”, se stai soffocando la tua rabbia molto probabilmente stai soffocando anche la radice di ogni piacere. Quello sessuale primo fra tutti.
Se questo pensiero ti suona, osservati.

Come compensi la tua carenza affettiva?
Cibo?
Shopping?
Noia?
Sex shopping?
Masturbazione?

Ti sei mai resa conto dell’intima relazione fra rabbia e piacere?
Come funziona per te?

La rabbia è poetica, eroica.
La giusta rabbia è risveglio, vita, emozione, movimento veloce, intelligenza istantanea, reazione, idealismo, desiderio.
La rabbia è coinvolgente, trascinante, viva.

La rabbia mette insieme tutte le tue delusioni, le tue paure e le rigetta: da dentro di te all’esterno, fuori da te.
Le rende visibili: un lancio di piatti.
Udibili: urla dal pavimento al soffitto.
Tattili: uno scontro fisico.

Una volta buttata fuori da te, “la bestia”, la tua povera amica spaventata, ti rendi conto di poterne comprendere le ragioni, i suoi bisogni.
Saprai che più che addomesticarla, rabbonirla, nasconderla, potrai darle ciò che le serve per calmarsi, per non ferire il tuo lato interno, il tuo fegato, i tuoi occhi. Per non ferire chi ti vive vicino divenendone il bersaglio.
Povero piatto!!
Povero partner!
Povera te, che finisci spossata e piena di sensi di colpa.

Mi racconti un tuo sfogo di rabbia?
Invece di recludere la tua rabbia, amala.
Sciogli la cintura di sicurezza che ti tiene agganciata al soffocamento delle tue stesse emozioni primarie.
Dalle il giusto posto nella scala dei tuoi valori perché è lei che ti aiuterà a ristabilirli fuori e dentro di te.

Sia la tua rabbia la tua guida verso ciò che escludi, rifiuti, non accetti.
Sia la tua rabbia il ponte verso la forza che è la base del vero potere, quello che non schiaccia gli altri, non li piega ai tuoi desideri ma che ti permette di stare, se vuoi, e di andare, se vuoi.

 

II
OK, OK.
LA RABBIA NON È SOLO EPICA

La rabbia contiene in sé una folla di emozioni che è paragonabile ad un “branco di pecore che, quando vengono spaventate, sarebbero capaci di buttarsi in un burrone pur di salvarsi.”[2]

La rabbia è uno strumento di prima necessità. Non puoi farne un sistema.
Dopo avere rotto il vetro che teneva ingabbiate le tue ragioni in una prigione di vetro, devi trovare modo di creare per loro un giardino dove possano farsi seme e fiorire.
Il tuo Giardino delle Ragioni.

Potresti descrivermi il Giardino delle tue Ragioni?
Se ti va, prendi un respiro profondo e immergiti nel suo ambiente, disegnalo o scrivilo.

La rabbia, infatti, è l’emozione “cappotto” per eccellenza.
Come una giacchetta, tiene lontano il freddo e ti illude che non sia poi tanto freddo.
Gettata sulle tue spalle, il cappotto-rabbia, nasconde la nudità del tuo sentimento più profondo. Quello che non vuoi, non puoi manifestare.
La tua giusta richiesta.

Libertà?
Amore?
Sincerità?
La tua vulnerabilità
Paura della solitudine?
Ansia per il tuo futuro economico?
Dolore da fine relazione?

Completa tu. Quale sentimento cova come brace sotto la cenere della tua rabbia?

Dolore, tristezza, panico, paura, ansia, depressione, frustrazione sono tutti fratelli minori della rabbia.

Più facile arrabbiarsi che lasciare il pianto fluire mostrandosi inermi.
Molto più facile accusare con toni accesi chi ti sta intorno che prendere contatto con ciò che non tu riesci a fare per vigliaccheria.
Domandati se l’emozione della rabbia ti sta proteggendo dalla depressione, se la sua energia vitale funziona per te come un salvagente che ti impedisce di andare a picco nel mare delle tue insufficienze.

Un uso protratto della rabbia riduce la tua connessione con ciò che la scatena.
Finisci per essere arrabbiata e non ricordi più bene perché.
Ogni occasione è buona per scatenare una tempesta.
Il fuoco divampa senza che tu ti renda conto di avere una miccia sempre pronta.

Il danno a te stessa e alla tua relazione è enorme, la tua energia dopo uno scoppio è bassa, perdente, piena di senso di colpa.
Perdente perché ciò che è giusto chiedere purtuttavia ha trovato un modo sbagliato e questo ti espone a critiche.
Il “modo” diventa argomento anziché il bisogno.

Uno sfogo di rabbia ti fa lanciare parole, invettive minacce alle quali poi resti relegata: “Me ne vado per sempre”; “Non mi vedrai mai più” e invece, non appena finito l’effetto dopante dello sfogo di rabbia, manca il coraggio di fare ciò che hai “promesso”, di agire nella realtà.  

Torni più coniglio di prima.
Perdi la faccia. La tua dignità finisce sotto i tuoi stessi piedi.
Torni come prima e peggio di prima.

Non fare sì che la rabbia ti diventi nemica, che ti intossichi.
Non fare sì che la rabbia aumenti il tuo vittimismo.
Non fare sì che la rabbia ti dia torto.
Non specarla.

A questo punto di sento dire: “E come faccio? Siamo alle solite. Ti si dice cosa fare o non fare. Roba troppo morale per me, che sto soffrendo come una bestia e che non me la cavo.”
Attenta, questa è la via del vittimismo (se non ti ho ancora inviato il file sul vittimismo, chiedimelo).

III
LA RABBIA E IL VITTIMISMO

Ti racconto qualcosa di me per spostare il tuo punto di vista e spero che questo ti faccia.

“Ero sposata da oltre quattordici anni.
Tre figli.
Il lavoro di avvocato.
La casa.
Tempo per me zero, da anni e anni.
Nebbia in testa tanta. Vivevo secondo i cliché, lavora, fai la brava madre, sii una buona moglie. Seguivo il codice di istruzioni sociali, le istruzioni di famiglia.
Il rapporto con mio marito si faceva via via sempre più sfuggente. La compagnia reciproca aveva perso la qualità di un tempo. Ricordo che segnavo sul calendario tutte le volte che mi mancava l’intimità sessuale con lui.
Mi arrabbiavo tantissimo. Facevo scenate inenarrabili. Cercavo di scuotere l’apatia, l’indifferenza. Chiedevo di essere vista, voluta, desiderata, amata.
Ad un certo punto ogni spinta è semplicemente caduta.
Certi eventi, certi fatti.
Gelo e lucidità hanno sostituito quella parvenza di passione che mi faceva sbattere le porte e pestare i piedi.
Volevo separarmi.
Lui non voleva andarsene. I suoi figli, la sua casa, la sua moglie.
Provocazioni reciproche sempre più grossolane.
Gli chiedevo di andarsene, di cercarsi una casa. Di sospendere la nostra relazione.
Lui rimandava, accampava diritti su di me, sui ragazzi, sulla casa e, allo stesso tempo, faceva i fatti suoi.
Un giorno la miccia delle micce ha preso fuoco ed è scoppiato l’incendio.
Una mia provocazione ha scatenato un inferno.
Lui ha dovuto andarsene, spinto ed esortato da un amico di famiglia, ha lasciato per sempre la casa e me.”

Ci sono voluti anni, circa venti, di lavoro su di me e di aiuto e sostegno ad altri affinché io potessi davvero comprendere quanto era successo quel giorno.
Te ne faccio dono ora, ancora oggi con un sentimento di vergogna e tristezza solo perché spero che la mia esperienza possa aiutarti a “vedere” il gancio della rabbia che si trasforma in vittimismo e che può ledere per sempre qualche cosa in te e qualche cosa nell’altro e in chi resta coinvolto.

Allora ero una donna-bambina, una sorta di principessa non destinata alla corona della Regina.
Non ero capace di contrattare la mia posizione, nonostante fossi Avvocato.
Non sapevo come discutere del mio diritto a chiudere una relazione che non funziona.
Non riuscivo a vincere la superiorità emozionale di mio marito, la sua sicurezza che io non lo avrei mai lasciato, il suo potere economico.
Le mie parole cadevano nel vuoto, nel vento delle tante parole che negli anni avevo gettato nel baratro dei litigi.
Non ero creduta.
Ho provocato, ho scatenato l’irreparabile.
Da vittima ho scatenato la furia di una rabbia violenta e cieca.
Ho ottenuto il potere di allontanarlo per sempre dalla mia vita.
Da vittima.

Qualche sollievo mi hanno dato le parole di un gesuita saggio: “Non potevi fare altrimenti. Lui non se ne sarebbe andato via mai. È triste per me vedere quante donne arrivano ai tuoi passi per scegliere una nuova vita e quante donne, nonostante questo, non ce la fanno e anzi, innescano un meccanismo perverso che si ripete e si ripete senza fine.”

***

Ti prego ora, ricorda: provocare non ti aiuterà ad ottenere le tue giuste Ragioni.
Insultare ti indebolirà sempre di più.
Ricordi il Giardino delle Ragioni?
C’è un modo migliore delle provocazioni e dell’insulto per realizzare la vita che ti aspetta.

 

IV
WAY OUT
SCEGLIERE L’ATTENZIONE ANZICHÉ LA RABBIA[3]

Ece Temelkuran è una giornalista e commentatrice politica.
Il suo punto di vista sulla rabbia non è psicologico o filosofico.
È pratico, risolutivo. La rabbia deve farsi politicamente utile.
Come per te. La gestione (che brutta parola!) della rabbia può trovare una via di mezzo fra il suo aspetto epico e poetico e il suo esito autodistruttivo e distruttivo.

Questa via di mezzo è la via dell’attenzione.
Lo sfogo di rabbia è momentaneo, attaccato ad una situazione spesso poco rilevante e molto spesso frequente.
Il lavaggio dei piatti.
Una promessa non mantenuta.
Un atteggiamento.
Una bugia.

Non perdere tempo a discutere dell’episodio. È solo un’occasione, non è la Ragione.
Mantieni l’attenzione sulla radice dell’episodio che scatena la rabbia.
Evita di diventare banale con le tue sfuriate prevedibili.
Tieni il punto.
Focalizza il cuore del problema.
Lì deve essere posta la tua attenzione.
Questa attenzione ti farà essere presente a ciò che è radicalmente importante per te senza farsi sostituire da un episodio che, per quanto emblematico, è virtuale come lo sono i simboli.

Perché il lavaggio dei piatti è importante per te?
Perché i piatti sporchi diventano un tuo carico? (Fatica)
Perché è un vostro patto di suddivisione del lavoro? (Tradimento)
Perché i piatti sporchi non ti piacciono? (Estetica)
Perché è giusto e si deve fare così? (Credenza)

Descrivimi tu una tua scena di rabbia nella tua coppia; elaboreremo insieme quale è la sua Ragione.

V
TUTTO QUI?

 

No.
Non è tutto qui.
La rabbia non è solo fiammata.

Ci sono forme di rabbia fredde. Gelide. Frigoriferi delle emozioni. Congelatori dell’amore che ti costringono a sentire e risentire la stessa emozione anche quando la situazione che l’ha scatenata è terminata.
Sono sentimenti che combattono ancora per una guerra che è terminata anni, secoli, eoni fa.
Sono sentimenti di un presente che non è mai diventato passato.

Risentimento.
Rancore.
Riprovazione.
Giudizio.
Idealismo.
Rassegnazione.

Queste sono tutte forme della Rabbia Irrigidita, emozioni a cui è mancato lo sfogo, la voce.
Il freddo di queste emozioni ha inumidito la miccia dello scoppio rabbioso ma non ha trasformato il suo substrato. L’ha bloccato rendendolo una vibrazione costante della tua personalità.

Risentimento. Senti, ri-senti, ancora il dolore di una ferita, di un’offesa. Questo dolore si ripete come la ricrescita del fegato di Prometeo. Hai subito un affronto e non sei riuscita a difenderti. La rabbia che avresti dovuto provare in un certo momento si è incistata divenendo parte di te.
Cogli l’attimo. Stai presente. Il giusto tempo a volte non ritorna.

Rancore. È un sentimento inacidito, che sa di vecchio. Un amore andato a male. Come un cavolo nel frigorifero che marcisce, il rancore ha qualche cosa di fetido. Spesso il rancore rimane inespresso per tutta la vita. Ciò che ha reso difficile la comunicazione allora, ancora oggi la blocca perfino dentro di te.
Smetti di lamentarti.

Riprovazione. Disapprovi. Lo fai talmente intensamente da ripetere dentro di te quanto quella cosa non solo non è bene ma è male.
Modifica la tua opinione con l’esercizio dei contrari.  

Giudizio. Credere che qualche cosa di accaduto non avesse la sua Ragione. Ce l’aveva, per il semplice fatto che è accaduto.
Fattene una ragione. Accetta.

Idealismo. L’idealismo è un ideale che si è fatto terra morta. È una fissazione che ha voluto risolvere le infinite possibilità della realtà in una sola, vera per sempre a qualunque costo.
Liberati dalla sua illusione e vieni a danzare qui fuori, nel mondo imperfetto.

Rassegnazione. Si tratta di una emozione sacrificale, spesso esito di una ideologia. Tipica delle madri che, per ragioni loro, hanno rinunciato a se stesse. E’ l’assunzione di colpe non proprie per difendere l’amato, gli amati.
Torna alla vita. Laureati, dipingi, crea.

Ricordi la retroflessione?[4] Applica quella resistenza al funzionamento delle emozioni derivate dalla rabbia.

La rabbia ha molti travestimenti perché è essa stessa un travestimento.
Per aiutarti a capire se per caso (!) stai occultando a te stessa questa emozione soffocandola al punto tale da non percepirla più, ti indico alcune espressioni, comportamenti e immagini che nel tuo linguaggio, o nei tuoi sogni, rivelano il tuo Tasso di Rabbia Interno.

Sentirti in trappola, rinchiusa, in prigionia.
Sentirti in pericolo di vita. Hai delle ipocondrie.
Avvertire un immotivato senso di affaticamento, stanchezza.
Ti manca l’aria. Dici spesso “mi sento soffocare”; “questa cosa mi soffoca”
Mangiare spesso. Osserva se stai sfogando nella masticazione l’istinto di mordere.
Offendere spesso, anche i passanti per strada o gli automobilisti.
Parlare senza freni, offendere, accusare.
Interrompere spesso il discorso altrui.

***

Quale che sia la Ragione per cui ti ho inviato questo scritto, qualunque sia il suo esito nel processo di cambiamento che stiamo affrontando insieme, spero che la regola dell’attenzione ti rimarrà impressa per aiutarti a non fare delle tue emozioni un groviglio rabbioso, una matassa dessensibilizzata, una risposta vittimistica al tuo desiderio di vita, amore e felicità.

Con amore
Olivia

[1] Ece Temelkuran “La fiducia e la dignità. Dieci scelte urgenti per un presente migliore” Ed. Bollati Boringhieri, pag.64
[2] G. Nardone “Emozioni. Istruzioni per l’uso. Conoscerle, gestirle, addomesticarle, cavalcarle.” Ed. TEA, pag.49
[3] [3] Ece Temelkuran “La fiducia e la dignità. Dieci scelte urgenti per un presente migliore” Ed. Bollati Boringhieri, pag. 63
[4] File “Che carattere sei? Test di consapevolezza”

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