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Vorrei tornare come prima, essere quella di una volta.

Vorrei che niente fosse successo.
Non ero così.

Ho sentito queste frasi molte volte.

Io stessa le ho pensate quando la vita mi ha sorpresa, cogliendomi alle spalle con qualche evento che non avrei mai dato per possibile.
La sensazione che la vita ti abbia trasformato in qualche di diverso da te stessa è comune quando si sta male, si è malati, si soffre o quando si vivono forti dubbi.

Non necessariamente è un evento improvviso a produrre questo stato d’animo .
A volte i cambiamenti sono goccia a goccia.
Ci si ritrova da qualche parte senza che quel luogo, quella sensazione sembri somigliarti e senza sapere come ci si è arrivati.
Altre volte è il dubbio ad avere scavato il solco del tempo dentro di te. Il dubbio implica un cambiamento di prospettiva nella realtà, nuove tessere del mosaico che compone la tua vita.

Di tali nuove tessere sai ancora poco perché non hai ancora sviluppato l’esperienza sufficiente a maneggiarle. Sai per certo che le cose non stanno più “come prima” ma ti manca ancora la mappa che ti permetterà di muoverti nuovamente a tuo agio.

Ecco che allora compare il pensiero: “Ah, come vorrei che tutto tornasse come prima!”
“Come prima” è l’Eden, il Paradiso, un benessere perduto.
“Adesso” invece è il tempo del diluvio universale, del dolore, della confusione su di te.

Il tempo ha creato un solco fra prima e adesso, non è più fluido ma interrotto.
Il “come prima” misura l’impotenza dell’”adesso”.

La tua nuova identità di persona disorientata, soffrente, triste o titubante che non sa più che pesci pigliare fa sì che tu desideri fortemente “come prima”, quando sapevi di te, della tua vita e dell’altro.

È difficile accettare che ciò che ti nutriva, alimentava, orientava, ora ti consumi, divori e che ti renda insonne. O forse solo annoiata.

Lo spazio della distanza che si è creato nel tuo rapporto si popola di demoni e paure, dove invece “prima” c’era amore fiducia e appagamento.

Dover diventare altro per te stessa ha quasi il sapore della violenza.
È violento doverti accettare per forza in una veste che non hai scelto. È una metamorfosi non voluta e non richiesta.
Quando certi cambiamenti sono in atto, alcune domande vibrano sotto ad ogni tuo pensiero anche se non sono esplicite:
“Cosa non ho saputo di me?”
“Cosa non ho saputo dell’altro?”
“Dove ho sbagliato?”
“Dove si nasconde l’errore? In me? Nell’altro? Nelle circostanze?”

“Come ho potuto sbagliarmi così tanto?”
“Cosa devo-posso fare?”.

Il tempo in cui vorresti tornare ad essere “come prima” è quello in cui le illusioni dell’amore si sono rivelate. Presenza, familiarità, durata, promesse, certezze, la lunga durata del tempo davanti si sono trasformate in dubbio, solitudine, e mille altri sentimenti sgraditi.

Se ti stai dicendo che “prima” era meglio, un primo passo da fare è imparare a dipendere da te.
Non più dal tuo partner e nemmeno dai tuoi sentimenti verso di lui.

Prova a renderti conto che stai vivendo un doppio tradimento, da te stessa a te stessa, e che stai elaborando una nuova identità.
Il primo tradimento è trovarti costretta ad abiurare al tuo sogno d’amore.
Il secondo è non trovare più quella parte di te che sa cosa fare, come agire, difendersi.
Vivi nella spaccatura fra il tuo confine e il confine dell’altro. Un baratro dove ogni azione è inibita.

Ti tocca rientrare nel tuo spazio, nel tuo territorio per quanto questo ora ti possa sembrare estraneo e addirittura ostile.

Nel tuo pensiero “come prima” vorresti negarti la possibilità di diventare qualcuno o qualche cosa di fuori programma.
Cosa vuoi negare? Quale sgradita possibilità di te stai bloccando?
Infedele?                                Tradita?                                  Libera?                       Affidabile?
Inaffidabile?                     Schiacciata dall’ansia?                       Paurosa?       Tentennante?                                                Pavida?                                                Spacca mondo?

Altro che vuoi dirmi?

Prova ad osservare il conflitto che si è generato fra le qualità che ora sei costretta ad esprimere e il desiderio di ritirarti nello spazio mentale che eri abituata a vivere “prima”.

Concediti il permesso di considerare che “quella di prima” ora non è adatta ad affrontare la situazione e che se qualche cosa sta ridefinendo la tua vita e le tue emozioni, non puoi più limitarti a usare gli stessi strumenti del passato.

Ora è il tempo che tu aggiunga competenze, più adattabilità e nuove visioni a ciò che eri.
Pensala così: “quella di prima” sta facendo un corso di aggiornamento.

 Sebbene tu senta una frattura, dentro alla quale “quella di prima” è caduta, lei è sempre dentro di te. Immagina che si stia esercitando in nuove funzioni, ruoli, capacità.

La quercia non dimentica di essere stata ghianda.
Lascia i suoi rami al vento e fa cadere altre ghiande sul terreno.

La tua pretesa di “tornare “come prima” è voler circolare in autostrada con la biga.
Certamente hai ancora la patente per la biga ma allo stesso tempo hai anche comperato il biglietto per l’autostrada.

Chi ti circonda, ti vuole “come prima”?
C’è qualcuno intorno a te che è sorpreso dalla nuova e diversa manifestazione di te stessa?
Osserva bene intorno a te. Spesso sono gli altri quelli che ti vogliono bene a tenere il freno a mano del tuo cambiamento tirato.
Tranquilla. La te stessa di “prima” è sempre con te anche adesso, ma devi tenerla vicina a te, chiamarla e stringerla in un abbraccio d’amore.
Come la ghianda è nella quercia e il seme è già la futura pianta, quando ti accorgi che quella di “adesso” in qualche modo tradisce quella di “prima”, cerca di stabilire una tregua.

“Adesso” deve dire a “Prima”, e poi reciprocamente, in un solenne scambio di affetto:

Non posso farci niente. Questo è il Tempo.
 Non puoi farci niente. Questo è il Tempo

Vedrai, ricomincerete, tu e te stessa, a lavorare insieme e tu ti sentirai meno triste e più capace di affrontare la situazione.
Ne sono certa.

Un abbraccio, con amore
Olivia

 

 

 

 

 

 

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